le definizioni non mi piacciono. le definizioni dipendono da un modo di ragionare che si arroga il diritto di mettere le cose in categorie, cassetti, come la roba che si possiede. è vero, le cose hanno nomi, e questi nomi derivano da convenzioni, ma spesso il consenso semplicemente non c’è. anzi non c’è mai.
tutta quest’ansia di definizione mi fa pensare che ci servano per forza le categorie per capire la realtà. ma non è necessariamente così.
il caso si applica con particolare passione al mondo cosiddetto politico, dove appare necessario capire a quale categoria una persona appartiene, categoria e sottocategorie.
dai tempi di aristotele non è cambiato poi molto.
le parole non mi piacciono. le parole non vogliono dire niente in assoluto.
la lingua è una convenzione. e a volte una convenzione è un compromesso. lo è quasi sempre.
e a me non piacciono i compromessi.
basterebbe sapere che la realtà viene prima delle parole che la definiscono per capire che non ha molto senso cercare di forzarla all’interno di categorie.
la lingua esiste prima della grammatica. la grammatica è solo un tentativo da parte dell’essere umano di avvicinarsi a un sistema della lingua. grammatica e lingua non coincideranno mai. le categorie si avvicineranno all’infinito alla realtà che vogliono descrivere, senza arrivarci mai.