cattiveria versus debolezza.
partendo dal presupposto che l’essere umano nasce buono, nel momento in cui esso/egli/ella si trova a confrontarsi con l’ambiente esterno deve sviluppare strategie di sopravvivenza sociale.
non potendo formulare dal nulla ogni volta i propri pensieri, si affida spesso, per comodità, a definizioni preconfezionate da entità che considera affidabili. possono essere la famiglia, gli amici, gruppi politici, artistici. si appoggia come fossero una stampella a supporti che gli permettono di non dover ripensare tutto daccapo.
in questo affidarsi a schieramenti, a strutture, a volte esprime atteggiamenti che sono leggibili come malevoli nei confronti di chi non appartiene a questi raggruppamenti. si oppone a un gruppo o a singoli suppostamente diversi per rafforzare la propria appartenenza al primo gruppo. questa opposizione talvolta è immotivata, e trova la sua ragione esclusivamente nel desiderio di stabilire buoni e cattivi, in cui i buoni sono quelli del proprio gruppo. affermare che il proprio gruppo di appartenenza è quello buono, a tutti i costi, e che gli altri sono i cattivi, sempre e comunque, regala al singolo un senso di giustizia che lo fa sentire meglio. i modi in cui questa opposizione si realizza, tuttavia, sono spesso modi maligni e presuntuosi. chi è che ha la verità in tasca? che cos’è la cattiveria? (to be continued)